Joel Meyerowitz – Where I Find Myself. A Lifetime Retrospective


libro Joel Meyerowitz Where I Find Myself A Lifetime RetrospectiveWhere I find myself è davvero un libro imponente. Pesa 2,5 kg, è in formato 32×23 cm, con 350 pagine, e ha la copertina rigida di colore rosso, sopra la quale c’è la sovracopertina con stampata una delle foto più conosciute di Joel Meyerowitz, “fallen man”.

Si tratta della prima grande retrospettiva dedicata a Joel Meyerowitz, fotografo statunitense nato il 6 marzo 1938 in America da genitori ebrei immigrati provenienti dall’Ungheria e dalla Russia. Ha iniziato a fotografare per le strade di New York nel 1962 insieme ad amici come Tony Ray-Jones e Garry Winogrand. È diventato uno degli street photographer più famosi e importanti della sua generazione e negli anni Settanta i suoi lavori hanno contribuito a cambiare l’atteggiamento nei confronti della fotografia a colori.

Il libro è organizzato in ordine cronologico inverso e in 10 capitoli ripercorre tutti i principali progetti e generi fotografici in cui Meyerowitz si è cimentato. Oltre a una selezione di fotografie, in ogni capitolo sono presenti anche delle note introduttive sulle serie e dei commenti di Meyerowitz sulle singole foto.

Conoscevo Joel Meyerowitz principalmente per la street photography, ma nella sua carriera di fotografo ha spaziato veramente tra tanti generi, dallo still-life ai ritratti ai paesaggi.

Come scrive lui stesso all’inizio del libro:

Ho iniziato come street photographer usando una fotocamera 35mm e dopo ho imparato a lavorare con il grande formato. In quel modo mi sono sentito a mio agio con entrambi i vocabolari. Ora parlo due linguaggi: quello più meditativo e classico del formato 8×10 e quello jazz della fotografia di strada.

Anche l’indice del libro è quindi diviso in due parti: Classical (capitoli dall’1 al 5) e Jazz (capitoli dal 6 al 10).

Nel complesso mi è piaciuto molto. Non solo per le immagini, ma anche per i commenti e le note dell’autore che permettono di capire meglio contesto.

In questa mia recensione vi riporto i vari capitoli, spiegando di cosa parlano e mostrando alcune foto contenute in ognuno. Essendo in ordine cronologico inverso, parto dall’ultimo capitolo e risalgo fino al primo.


Video recensione del libro




Capitolo 10: Out in the street. 1962-1964

Nel 1962 Joel Meyerowitz lavorava come art director in una piccola agenzia pubblicitaria a New York City. Aveva studiato pittura, storia dell’arte e illustrazione medica e non era sicuro che fosse questo quello che voleva fare nella vita.

Un giorno il suo capo dell’agenzia pubblicitaria, Harry Gordon, lo manda a downtown a guardare un fotografo che realizzava gli scatti per il nuovo libretto che avevo disegnato. Il fotografo era Robert Frank.

Joel non aveva idea di chi fosse, perché non sapeva nulla di fotografia, ma in pochi minuti si rese conto che non aveva mai visto nessuno muoversi o usare una macchina fotografica come faceva lui. Diceva a malapena una parola alle ragazze, le lasciava libere di essere loro stesse e poi in silenzio danzava dentro e fuori dalle loro attività e fotografava con la sua Leica in modo apparentemente casuale.

Rimane sbalordito da questa esperienza, dall’idea che ci si potesse muovere e scattare allo stesso tempo. Capisce che ogni scatto avviene in un preciso momento, quando il gesto di una delle modelle diventa significativo.

Tornato in strada una volta finite le riprese, tutto gli sembrava diverso. Ogni semplice gesto sembrava essere carico di potenziale: una mano che si alzava verso un taxi, persone che si salutavano, una madre che si chinava sul passeggino per aggiustare il cappellino del suo bambino.

Torna nell’agenzia pubblicitaria e si licenzia, perché in quel momento capisce che vuole fare il fotografo.

In questo capitolo ci sono i suoi primi scatti fatti in strada a New York.

foto Joel Meyerowitz bambina piange portiera automobile New York 1963


Capitolo 9: The colour question. 1963-1968

All’epoca si pensava che la fotografia a colori fosse troppo commerciale, che fosse una cosa per amatori, mentre la vera fotografia era quella in bianco e nero. Meyerowitz però, fin da subito, aveva scelto di scattare usando le pellicole a colori (“perché non dovrei fotografare a colori? Il mondo è a colori”).

Per un certo periodo ha quindi deciso di fare un esperimento: usciva con due fotocamere, su una utilizzava la pellicola a colori e sull’altra quella in bianco e nero. Quindi scattava due foto alla stessa scena, in modo da poter poi analizzare se per quel tipo di scatto era meglio il colore o il bianco e nero.

In questo capitolo ci mostra alcune coppie di queste fotografie, con alcuni suoi commenti.

Joel Meyerowitz stessa foto colori e bianco e nero


Capitolo 8: On the road. 1964-1967

Meyerowitz racconta che nel 1966 aveva guadagnato bene con un lavoro pubblicitario, tanto da potersi permettere di andare in Europa per un anno a fotografare. Così compra per 1.700 dollari una nuova Volvo, da ritirare a Londra e gira con quell’auto per tutta Europa: da Londra al Galles e all’Irlanda, poi in Scozia, Francia e in Spagna (dove vive con la sua prima moglie sei mesi con gli zingari a Malaga), poi di nuovo in Francia, Germania, Est Europa e Turchia. Infine in Grecia e anche in Italia, da dove prende una nave per rientrare America.

foto Joel Meyerowitz Malaga Spagna 1966


foto Joel Meyerowitz suore e preti New York 1965


foto Joel Meyerowitz in strada a New York 1965 e 1964


Durante questo viaggio, nel 1967 a Parigi ha scattato quella che probabilmente è la sua foto più famosa, Fallen Man.

foto Joel Meyerowitz Fallen man Parigi 1967


Capitolo 7: America in the time of Vietnam. 1968-1972

Tornato dal viaggio in Europa nel 1967, Joel trova un’America molto diversa. Il paese sembrava preso dal consumismo e nonostante la Guerra del Vietnam le persone sembravano vivere le loro vite come se non fossero affari loro.

Fa quindi domanda per una borsa di studio al Guggenheim per documentare come le persone trascorrevano il loro tempo libero in quel momento storico. Vince la borsa e inizia un viaggio on the road in giro per l’America, sulle orme del viaggio fatto anni prima da Robert Frank e culminato nel libro The Americans.

Il lavoro fotografico che ne scaturisce è il libro “Still going”, come a dimostrare che gli Stati Uniti, anche se stavano zoppicando, impantanati in una guerra impopolare, continuavano ad andare avanti.

foto Joel Meyerowitz Florida 1967 donna in costume uomo in auto


Capitolo 6: Letting go of the catch. 1968-1976

Meyerowitz racconta che a inizio anni Settanta aveva sentito il bisogno smettere di considerare il colore e il bianco e nero come modi separati di vedere fotograficamente, e di concentrarsi solo sul suo primo amore, la fotografia a colori. Per lui il colore aveva più potere descrittivo del bianco e nero.

Le strade di New York erano il suo pane quotidiano ma doveva ripensare il suo modo di agire.

Tramite la tecnica dello zone focusing, con le pellicole in bianco e nero aveva quasi tutto a fuoco da 7-8 piedi (2-2,5 metri) fino all’infinito, quindi in linea di principio tutto era sempre a fuoco. Ma con le pellicole a colori Kodachrome dell’epoca, che erano più lente, la profondità del campo davanti a lui era minore. Questo lo ha costretto a cambiare il suo modo di lavorare in strada. Ha dovuto fare un passo indietro rispetto agli otto piedi su cui lavorava di solito, e da dove aveva sempre previsto quello che sarebbe potuto accadere di fronte a lui. Si è quindi ritrovato a lavorare da sei metri indietro, dove tutto sembrava diverso e si coglieva meno l’attimo decisivo.

Ha iniziato a chiamare questi scatti descrittivi “field photographs”, perché all’interno del frame si vedeva l’intero campo, la strada, le persone, l’attività, gli edifici, il cielo e il tempo. Si metteva vicino agli angoli in modo da poter avere l’intersezione di folle provenienti da più strade. Aveva cambiato il suo modo di lavorare, lasciando andare ciò che già sapeva fare, per vedere cos’altro si poteva dire fotograficamente, senza usare la tattica e il linguaggio di Henri Cartier-Bresson o Robert Frank.

Da qui ha avuto poi l’idea di comprare nel 1976 una fotocamera grande formato in legno Deardorff 8×10 con obiettivo grandangolare, e ha portato la sua famiglia a Cape Cod per un’estate in modo da poter lavorare in un posto che era idilliaco per loro, ma aveva anche un po’ di vita di strada.

A volte occorre uno scuotimento dei propri valori per crescere come artista. A volte è necessario lasciare andare tutto ciò che si è imparato e ricominciare da capo.

street photography Joel Meyerowitz New York 1976


foto Joel Meyerowitz cappotti e ombre New York 1975


Capitolo 5: The world upside down. 1976-1990

Nell’introduzione Joel racconta che all’epoca era sempre stato convinto che sarebbe stato solo un fotografo di strada, e che non avrebbe mai immaginato di scattare invece anche con un banco ottico da 8×10 pollici.

In questo capitolo troviamo una selezione di foto dei progetti “Bay/Sky” e “Cape Light”, scattate col banco ottico.
foto Joel Meyerowitz architetture Florida 1978

In particolare Cape Light è uno dei lavori più famosi di Meyerowitz, una serie di foto a colori scattate a Cape Cod, nel Massachusetts. Qui le scene quotidiane – un temporale in arrivo, un negozio di alimentari locale al tramonto, la vista attraverso la finestra di una camera da letto – vengono trasformate dalla straordinaria luce di Cape Cod e dalla visione del fotografo.

Joel Meyerowitz Red Interior Provincetown Massachusetts 1977


Joel Meyerowitz Cumberland farms Provincetown Massachusetts 1976


fotografie Joel Meyerowitz Provincetown Massachusetts 1982 e 1983


Capitolo 4: Portraits. 1980-2017

Questo capitolo è dedicato ai ritratti. Meyerowitz racconta che come fotografo di strada ha scattato tante foto casuali alle persone che potrebbero essere definite “ritratti”, ma non le aveva mai considerate tali. Da street photographer cercava di essere veloce e invisibile, ma quando scattava col banco ottico questo non era possibile, la gente gli si avvicinava chiedendogli cosa stesse facendo. Ha iniziato quindi a interagire con le persone e a capire quanto sia interessante e affascinante ogni persona. La sua serie di ritratti, realizzata non in studio ma in strada, è fatta di semplicità, umiltà e onestà. Dice inoltre di essere stato ispirato dalle foto di August Sanders e di Eugène Atget.

Joel Meyerowitz ritratto di Sarah Provincetown Massachusetts 1981

È presente anche una serie di “foto di famiglia” scattate alla moglie Maggie Barrett, che personalmente non ho trovato molto interessanti.


Capitolo 3. Cities. 1976-2008

Gli scatti delle serie dedicate a città o singoli edifici. Mi sono piaciute le serie dedicate all’Empire State Building di New York, al Gateway Arch di St. Louis e all’Atlantic Center di Atlanta, tutte ispirate alla serie delle vedute del Monte Fuji dell’artista giapponese Katsushika Hokusai. In queste xilografie l’artista giapponese aveva ritratto la vita quotidiana in Giappone, e in ogni scena il Monte Fuji appariva sempre sullo sfondo.

Allo stesso modo Meyerowitz ha realizzato alcune serie in cui riprendeva la vita quotidiana o alcuni scorci della città, tenendo sempre il grattacielo o l’arco all’interno dell’inquadratura e creando anche relazioni tra i vari elementi.

fotografie Joel Meyerowitz arco Saint Louis Missouri 1978


fotografie Joel Meyerowitz Arch View coffee shop Saint Louis Missouri 1977


fotografie Joel Meyerowitz arco Saint Louis Missouri 1977 e 1978



Capitolo 2: Elemental. 2001-2010

Questo capitolo contiene gli scatti effettuati alle macerie di Ground Zero dopo l’attacco alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, parte del progetto Aftermath.

Una curiosità: Meyerowitz dal 1981 ha uno studio su West 19th Street dalla cui finestra vedeva il World Trade Center e da cui fotografava spesso le twin towers. La mattina dell’11 settembre era andato a fare un servizio commerciale per un hotel di Chathan in Massachusetts. Avvertito dalla moglie di quanto era successo è tornato a New York, ma non è potuto entrare in città se non dopo 5 giorni perché erano stati proibiti accessi e uscite.

Dopo il divieto impostogli da una poliziotta che gli aveva detto che non era ammesso fotografare la scena del crimine, riesce ad ottenere il permesso e sarà l’unico fotografo a poter scattare a Ground Zero. Qui da settembre 2001 a marzo 2002 scatta circa 8.000 foto, che ora vengono conservate nei musei di New York e Washington.

foto Joel Meyerowitz macerie World Trade Centere New York 2001

Il capitolo contiene inoltre alcune fotografie scattate in Toscana e le foto della sua serie dedicata agli elementi (acqua, aria, fuoco, terra).


Capitolo 1: The view from here. 2012-2017

Una serie di still life realizzati in Toscana negli ultimi anni. Meyerowitz soggiorna spesso in una casa immersa nella campagna senese e qui, quasi per caso, ha iniziato a sperimentare con gli still life, realizzandone poi un progetto.

still life Joel Meyerowitz Morandi's objects 2015


Dati del libro

Titolo: Joel Meyerowitz: Where I Find Myself. A Lifetime Retrospective
Autore: Joel Meyerowitz
Editore: Laurence King Publishing
Data di pubblicazione: 12 marzo 2018 (1a edizione)
Lingua: Inglese
Numero di pagine: 352
Tipo di copertina: rigida
ASIN: 1786271869
ISBN-10: 9781786271860
ISBN-13: ‎978-1786271860

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Riccardo Perini, autore blog riccardoperini.itAutore: RICCARDO PERINI
Non sono un fotografo di professione ma sono un appassionato di fotografia. In questo blog propongo approfondimenti su fotografi, libri fotografici e in generale sulla fotografia, inclusi anche alcuni tutorial su macchine fotografiche e strumentazione.

Pubblicato il: 10 Novembre 2021
Categoria: Libri fotografia
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